Sentirsi partecipe di un insieme è vitale.
L’aspetto delicato però, e che può destare smarrimento, è quando l’insieme a cui dovrei appartenere devia per una tangente non proprio circospetta e abbastanza pericolosa.
Nel senso…
Com'è l'assetto sociale oggi?
> l’andamento economico della nostra società
> l’andamento del mondo del lavoro
> l’andamento della felicità del singolo individuo.
Oggi sembra che la "psicologia del branco" (o del gruppo) sia quella dei luoghi comuni, dell’inutile e del senza senso.
Dove, la maggior parte di noi, è più portata a credere alla sconfitta che alla vittoria.
Ti capita? Sei più pessimista od ottimista?
Diciamo che nel mondo in cui viviamo oggi, la disistima può essere sempre in agguato.
E quando è la maggioranza a vivere in questo modo, vuol dire che la psicologia del branco va rimodellata.
Perché l’intelligenza, e soprattutto la felicità, si accrescono tanto più vivo una vita consapevole, non quando seguo qualcosa o qualcuno a cui in fondo non credo.
Quanto stai vivendo la vita che vuoi e quanto sei felice?
Se la risposta a queste due domande non ti soddisfa pienamente
allora puoi pensare di partecipare a questo percorso.
Cosa Imparerai?
Leggi i moduli del corso
Possiamo certamente essere protagonisti della nostra vita se riusciamo a stare fuori dagli schemi, dai luoghi comuni, dalla inutilità del “senza senso”.
Possiamo riscoprire il senso della vita ogni giorno, ogni momento, allargando la nostra coscienza e ritrovando quella saggezza che ha radici nelle parti più profonde di noi.
Basta guardare indietro a ciò che è stato, se si resta ancorati al passato non si riesce a cogliere il senso della vita e dei nostri passi. Più la mente è occupata dai pensieri più perdiamo il senso dell’istante che è l’unica realtà che viviamo, pertanto si rende necessario essere costantemente presenti a noi stessi per poter cogliere il senso profondo della conoscenza del nostro Sé.
Tutte le volte che sentiamo di non amarci, di non piacerci, insomma che non ci stimiamo, possiamo soffermare la nostra mente sul fatto che l’istante che stiamo vivendo è unico e irripetibile.
Qualsiasi dispiacere che abbiamo provato, qualsiasi delusione appartiene già al passato. Possiamo portare la nostra mente nel presente perché esiste solo questo istante.
Krishnamurti diceva: “La mente deve farsi semplice, quieta. Deve essere quieta in quel silenzio, si argina l’eterno...”
Qualsiasi disagio proviamo, qualsiasi dolore ci abbiano suscitato le parole di un’altra persona, andiamo a cercare il punto del corpo in cui il dolore si manifesta e trasformiamo il dolore in opportunità di cambiamento.
Noi pensiamo che le spiegazioni ci permettono di comprendere meglio la nostra vita affettiva. In realtà non è così. La vita è spontaneità, corre da sola, non ha bisogno di spiegazioni.
Più cerchiamo di spiegare più portiamo tutto nel razionale. Così ci allontaniamo dall'intelligenza del cuore. Possiamo eliminare i perché dalla nostra vita di tutti i giorni.
Ognuno di noi pensa di essere in un certo modo e si definisce permaloso, dolce, aggressivo, remissivo. Pensando di essere in un modo diventiamo veramente in quel modo.
Così il “nuovo” non può mai sorgere nella nostra vita. Se invece riusciamo a guardarci un po’ più come spettatori, vedremo sorgere in noi comportamenti del tutto nuovi, che ci sembreranno sconosciuti. Allora cominceremo ad incontrare in noi un “amico sconosciuto”.
Se ci abituiamo a vivere tutte le emozioni, anche le più terribili e drammatiche senza cercare di evitarle, lentamente vedremo che andranno ad esaurirsi fino a farle scomparire.
E potremo liberarcene. Come? Attivando le immagini.
In generale ci vestiamo sempre per uno scopo, un momento particolare, un obiettivo.
Ma indossare un vestito per un obiettivo ci porta lontano dalla vera immagine di noi che è posta fuori dal tempo e dallo spazio e che non ha obiettivi da perseguire.
Mentre vestirsi deve essere un rito in cui la parte profonda di noi incontra l’universo interiore che lo abita.
Quando facciamo qualcosa chiediamoci se ci stiamo sforzando. Se ci rendiamo conto che stiamo facendo uno sforzo possiamo immaginare quella cosa in modo diverso, percependola con meno fatica. È un esercizio da fare più volte finché non ci rendiamo conto che la fatica va sullo sfondo.
Quando facciamo qualcosa con sforzo è perché stiamo resistendo alla cosa che stiamo facendo è il segnale di questo è appunto la fatica.
Il decimo passa verso la consapevolezza ci porta ad orientare la nostra attenzione sul nostro nutrimento. Il cibo viene introdotto nel nostro stomaco attraverso la nostra bocca spesso in modo del tutto inconsapevole.
Ridare consapevolezza al nutrimento vuol dire ridare consapevolezza al nostro cervello, alla sua parte più antica.
Non dimentichiamo che ogni volta che mangiamo ci trasformiamo nel cibo che mangiamo.
Docente
Psicoterapeuta
Scrittrice, collaboratrice del Giornale delle Buone Notizie, testata online. Dal 2016 presidente dell'Associazione Coemm.
Servizio di Alcologia all’Ospedale di Padova, collaborando con l'Istituto Riza, sempre a Padova.
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